Quanto sono importanti le parole

Quando nasce un parco giochi inclusivo o un’area con alcuni giochi accessibili e fruibili da parte di tutti i bambini, quotidiani cartacei e online, i siti internet che si occupano di informazione e i blog capita che lancino titoli quali: Al parco giochi arriva la giostra per bimbi disabili Il parco dove anche i bimbi disabili possono giocare Una comunità che vuole diventare ‘accessibile’, si inaugura un parco anche per bimbi disabili Realizzato un parco giochi per bambini disabili – Si inaugura il Parco Giochi accessibile ai bambini disabili Installata l’altalena per i bambini meno fortunati – Da oggi area giochi per disabili Un parco giochi per bimbi sfortunati – Questa altalena è per ragazzini/e diversamente speciali – 

Chissà se chi sceglie questi titoli lo fa per attirare lettori, per far capire che l’articolo contiene informazioni riguardanti bambini con disabilità, … A noi questi titoli non piacciono. La nostra idea è diversa, non crediamo che esistano parchi giochi per disabili ma solamente parchi attrezzati dove anche bambini con disabilità possono giocare insieme a bambini “normodotati”.
Questi parchi possono essere definiti “parchi gioco inclusivi” o “aree gioco inclusive” “parchi per tutti” ma non parchi per disabili! Le parole sono importanti, molto importanti. Impariamo ad utilizzare i termini corretti!
Se l’argomento è la disabilità bisogna prestare ancora più attenzione.
Diversamente abile, disabile, handicappato, portatore di handicap, invalido, … Tutte parole sbagliate! Lo hanno spiegato bene Franco Bomprezzi, Claudio Arrigoni e tanti altri in diversi articoli!

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Disabilità. L’indicazione è semplice e permette poi di capire meglio come si possa scegliere il linguaggio più giusto: utilizzare “persona con disabilità”, mettendo la persona al primo posto ed eventualmente, se servisse, facendo seguire la sua condizione. Basta con: invalido, diversamente abile, disabile, tanto meno handicappato o ritardato. Chi è nato con la sindrome di Down non è “un down”, ma “persona con sindrome di Down”. E via di questo passo. Sembra una riflessione banale. Non lo è.
Continua a leggere qui: Le parole per dirlo. Ora vi è anche una guida: Parlare Civile
http://invisibili.corriere.it/2013/04/22/le-parole-per-dirlo-ora-ce-anche-una-guida-parlare-civile/

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – –
Franco Bomprezzi ha condotto una riflessione attorno alla terminologia, non una sorta di glossario tecnico, ma un elenco di parole: quelle sbagliate, quelle vecchie, quelle politicamente corrette o scorrettissime. per aiutare chi deve scrivere, chi deve parlare e raccontare, “insomma tutti coloro che anche occasionalmente sono chiamati a svolgere un ruolo di mediazione informativa”.

Persona con disabilità” ha iniziato con questo termine il giornalista: “non ha sinonimi, non può essere contrabbandata con altre locuzioni, più o meno edulcorate. È oggi la definizione più corretta e condivisa a livello planetario per indicare quello che fino a ieri si definiva tout court “portatore di handicap” o semplicemente “il disabile”. La qualità intrinseca di questa espressione sottolinea la “persona”, ossia la identità individuale imprescindibile e completa di ogni individuo. Mentre la specificazione “con disabilità” aggiunge la specificità, non nega la condizione di disabilità, ma la sottrae al corpo e alla mente della persona, collocandola nella dimensione della relazione funzionale”.
Continua a leggere qui: Inchieste e dossier. La definizione giusta è “PERSONA CON DISABILITÀ”. Bomprezzi in viaggio fra i vocaboli.
https://www.superabile.it/cs/superabile/la-definizione-giusta-e-persona-con-disabilita-bomprezzi-in-.html

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Le parole mostrano la cultura, il grado di civiltà, il modo di pensare, il livello di attenzione verso i più deboli. Ci sono parole da usare e non usare. E quelle da non usare non vanno usate. Hai voglia a dire: chiamami come vuoi, l’importante è che mi rispetti. No! Se mi chiami in maniera sbagliata mi manchi di rispetto.
Semplicemente: persona con disabilità. L’attenzione sta lì, sulla persona. La sua condizione, se proprio serve esprimerla, viene dopo. La persona (il bambino, la ragazza, l’atleta ecc.) al primo posto. Questa è una delle indicazioni fondamentali che giungono dalla “Convenzione Internazionale sui diritti delle persone con disabilità”. Non: diversamente abile, disabile, handicappato, portatore di handicap, invalido …
Invalido: quante volte, troppe, sentiamo questa parola ultimamente. Letteralmente una persona che non è valida. Il 10% della popolazione mondiale ha una disabilità, quindi non è valido.
“Diversamente abile” o “diversabile” hanno avuto forse una valenza anni fa, ora non più. “L’errore è di principio: nella dizione ‘diversamente abili’, infatti, viene proposto come prioritario il concetto di ‘diversità’… La disabilità non è una diversità, ma una condizione di vita.
C’è chi scambia malattia e disabilità, come se i termini fossero interscambiabili: la disabilità è una condizione che può essere causata da malattia, ma non è una malattia. Attenzione a credere siano discorsi banali: per un bambino la malattia si attacca, se sto vicino a una persona cieca prendo la cecità.
Continua a leggere qui: Invalido a chi? Disabilità: le parole corrette.
http://invisibili.corriere.it/2012/04/05/invalido-a-chi-disabilita-le-parole-corrette/

Claudia Protti & Raffaella Bedetti – © Parchi per Tutti

 

Lascia un commento

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: