Intervista a Marta C. sui parchi inclusivi
Abbiamo chiesto ad alcuni studenti che hanno scelto come argomento per la tesi i parchi gioco inclusivi o parchi accessibili e fruibili da parte di un’ampia tipologia di utenti di rispondere a qualche domanda. Queste sono le risposte di Marta. Grazie!
- Quale Università/facoltà hai frequentato e per quale motivo. Frequento Architettura all’Università degli Studi di Firenze. La scelta è stata dettata dalla grande passione che ho per la progettazione e per tutte le tematiche legate ad essa: in primis la cura degli spazi in cui l’uomo si muove, lo studio del dettaglio, della bellezza, delle luci, dei colori, e il benessere che bambini, giovani e anziani ne traggono.
Ho imparato, dopo anni di studi, che l’architettura molto spesso provoca e ha provocato dei danni incommensurabili quindi spero che un giorno, tramite le mie conoscenze, io possa contribuire ad una qualità di vita migliore.
- Qual è il lavoro a cui aspiri? Non so se fare l’architetto sarà la mia strada, ma per ora questo ventaglio di materie mi permette di soddisfare le mie conoscenze e di capirne di più nella ricerca del il mio posto nel mondo.
- Perché hai scelto di fare la tesi su un argomento così particolare? Come sei venuto a conoscenza delle aree gioco presso le quali anche i bambini con disabilità possono giocare? L’argomento della mia tesi trattava di un parco circostante una scuola elementare che potesse essere utilizzato sia da dagli studenti sia dalla comunità. Io non conoscevo la realtà dei parchi inclusivi, non avevo mai riflettuto sul tema, ma il relatore della tesi, che già aveva aiutato una mia collega nel trattarlo, mi ha proposto di inserirlo e da subito ho voluto immediatamente approfondire. Sulla spinta dell’ entusiasmo ho fatto moltissime ricerche e vi ho da subito seguito nella pagina facebook, che mi è stata molto utile per tracciare le prime linee guida del mio progetto, venendo poi a conoscenza di un mondo che fino ad allora avevo ignorato ma che racchiude tutte le tematiche che più mi stanno a cuore: progettazione, piccoli uomini e donne e benessere di questi ultimi.
- Quale è stata la cosa più difficile nel tuo percorso riguardante i parchi per tutti? Cosa ti ha colpito, quali aspettative avevi e in cosa sei rimasto deluso? Hai riscontrato che la realtà è differente da ciò che avevi immaginato? Sicuramente non è stato facile entrare nell’ottica di chi ha delle difficoltà motorie e non solo, capire dove sono i limiti e capire che spesso e volentieri i limiti non ci sono. Ascoltare le storie e le interviste mi ha aiutato molto ad abbattere dei muri che io stessa mi ero creata. Dal punto di vista progettuale gli accorgimenti sono molti e per niente scontati, come lo sarebbero per tutti i bambini del mondo, ma è stato molto stimolante studiare a fondo le diverse possibilità che uno spazio o un’oggetto offrono: ad esempio diverse tipologie di pavimentazione aiutano nell’orientamento dei bambini non vedenti o ipovedenti ma allo stesso tempo possono essere un pretesto per tutti i bambini per un nuovo gioco. Questo non solo è fonte di arricchimento professionale ma anche e soprattutto fonte di arricchimento del mio bagaglio personale.
- Quali parchi hai visitato e cosa ti è rimasto impresso, (ambiente circostante, strutture gioco, presenza di tante o poche persone, qualche particolare, …). Qual è a tuo parere l’elemento imprescindibile di un’area gioco inclusiva? La delusione più grande è la totale ignoranza sul tema, la ristretta diffusione di questa tipologia di parchi e la confusione legata all’argomento.
Credo che alla fine l’unico elemento davvero imprescindibile sia il divertimento.
Claudia Protti & Raffaella Bedetti – © Parchi per Tutti